83-Presentazione del Sindaco
Il Novecento, che il titolo della mostra cita come il "secolo breve" di Hobsbawm, è stato in realtà un secolo lunghissimo per Mestre, lunghissimo e drammatico. Un secolo di trasformazioni urbane e territoriali, e quindi anche demografiche, economiche, sociali, culturali, vaste e profonde, radicali, convulse, quali nessun altra città d'Italia ha vissuto. Trasformazioni sconvolgenti - e per ciò creatrici, infine, di una realtà nuova. Di esse l'esposizione al Candiani offre un panorama ragionato quanto mai ricco, esauriente, stimolante, frutto di anni di ricerche e di studi, con il coinvolgimento di esperti e studiosi di varie specialità, coordinati da Giorgio Sarto, che di questa mostra è stato curatore e organizzatore appassionato e competente.
Sulla storia di Mestre nel Novecento grava la leggenda nera della più brutta città d'Italia; resistente, purtroppo, anche a fronte di una realtà profondamente mutata. La mostra è, allora, la rivendicazione di una grande storia, che, pur segnata anche da ombre e da tragedie, ha fatto di Mestre - e di Mestre con Marghera - uno dei simboli del Novecento italiano. Va detto con forza, e la mostra lo dice: Mestre non è stata soltanto periferia e inquinamento, cemento, abbandono, dormitorio. Mestre è stata anche straordinaria cultura operaia e sindacale, all'avanguardia nel Paese; è stata, ed è, luogo di accoglienza e di solidarietà, che nell'incontro tra gli abitanti originari, quelli arrivati dalla città storica, gli immigrati d'ogni parte d'Italia (e non soltanto d'Italia) ha saputo fare faticosa sintesi di mentalità e di culture, nella ricerca e nella costruzione di una identità condivisa.
Mestre è stata - soprattutto - la comunità che ha saputo affrontare i problemi con coraggio, e trasformarli in occasioni di crescita. Sulle rovine della guerra, ha rapidamente recuperato il ruolo portuale e industriale, si è riproposta come snodo di traffici e di commerci, e - pur in forme sregolate e talora selvagge di edificazione - ha dato una risposta di casa dignitosa a quanti lasciavano alloggi insalubri nella città storica e a quanti giungevano dal retroterra agricolo in cerca di lavoro più sicuro. Sui drammi, del tutto inediti, della salute in fabbrica e dell'inquinamento atmosferico, ha fatto crescere la ricerca di compatibilità tra industria, sviluppo produttivo, tecnologia, difesa dell'ambiente, esemplare per tutta Italia; al dilagare incontrollato dell'edilizia e alla perdita del verde, ha reagito "inventando" il Bosco di Mestre; ha risposto all'uso del territorio come discarica di inquinanti, realizzando il Parco di San Giuliano; tra le prime in Europa, ha giocato sulla riqualificazione del "cuore urbano", Piazza Ferretto, la sfida di una nuova qualità urbana, in quel disegno della "Mestre bella" che fu il grande sogno operoso di Gaetano Zorzetto, di Gianni Pellicani e tanti altri.
Mestre Novecento, infine, è il primo vero tassello del Museo di Mestre, che dovrà essere uno dei forti momenti-simbolo che caratterizzeranno la forma della città, già oggi, e più ancora domani, come "città nuova" per l'intero Nord Est. Dovrà essere un museo assolutamente nuovo, che utilizzi i più moderni sistemi espositivi e le più avanzate tecnologie, come del resto già si vede in questa mostra. Lì troverà sede la grande memoria di Mestre, una memoria certo conflittuale e controversa, ma doverosa, che non va rimossa, neppure nei suoi momenti più oscuri, perché anche quelli hanno qualcosa da insegnarci, ma va ricostruita e coltivata. Perché è una memoria che ci aiuta a capire il presente. E che ci insegna - ci deve insegnare - soprattutto a costruire il futuro.
Massimo Cacciari
sindaco di Venezia